Messina. L’autunno della mia città

17.09.2008

Messina. L’autunno della mia città

di Gianluca Prestopino

L’estate che sta per terminare in riva allo Stretto ha regalato ai sonnolenti cittadini della Messina-bene (quelli che sostengono che la mafia non li riguarda e che è un fenomeno circoscritto agli affari loschi) una serie di gambizzazioni e aggressioni varie

È sempre stata definita “città babba”, ma questa definizione non è stato altro che un alibi per la criminalità che vi opera assiduamente, gerarchicamente divisa in clan, per il controllo dei rioni popolari e di tutto il perimetro urbano.

La città e le sue strade, tra polvere e sangue, sotto il sole cocente dell’agosto appena trascorso.

L’estate che sta per terminare in riva allo Stretto, infatti, ha regalato ai sonnolenti cittadini della “Messina-bene” (quelli che sostengono che la mafia non li riguarda e che è un fenomeno circoscritto agli affari loschi) una serie di gambizzazioni e aggressioni varie, ovviamente non sottovalutate dalle forze dell’ordine.

Le quali ufficialmente tendono a gettare acqua sul fuoco, smitizzando il pericolo di una nuova guerra di mafia all’orizzonte.

Ufficiosamente, invece, sono molto preoccupati. Tre ferimenti nel giro di pochi giorni, continui ritrovamenti di armi, regolamenti di conti. Tutto nel quartiere Giostra e dintorni. Troppo per non far pensare a più che un fermento nella criminalità messinese. Dove è in atto un riordinamento negli equilibri di potere malavitosi.

È ancora troppo presto per capire in che direzione si muovono questi fermenti, ma in realtà gli investigatori non sono sorpresi. Con i boss storici saldamente dietro le sbarre, molti a regime di carcere duro, e dopo l’arresto anche dell’ultimo capo di Giostra, il cane sciolto Giuseppe Mulè, acciuffato dopo tre mesi di latitanza lo scorso 8 dicembre, una riorganizzazione degli assetti e qualche sparatoria di troppo, magari da parte di scagnozzi facili al grilletto, era nei conti.

«Si tratta di episodi di natura “fisiologica” – glissa Marco Giambra, capo della Squadra mobile, l’organo investigativo della Polizia – non c’è alcun allarmismo. Non abbiamo elementi che facciano pensare ad un collegamento tra i diversi fatti avvenuti nell’ultimo mese, anzi al contrario, escludiamo un movente unico». «E’ vero però – conclude Giambra – , che ormai la violenza ha avuto il sopravvento. Si adoperano metodi più cruenti, quel che ieri sarebbe stato punito con l’incendio dell’autovettura, oggi viene regolato con due colpi di pistola alle gambe, alla spicciola».

Ed eccoli i fatti, alla spicciola. A cominciare dalla fine. Il 31 agosto, inizio mattina di domenica, una guardia giurata in servizio all’ospedale Piemonte, Ignazio Barbera, viene ferita al polpaccio da due rapinatori che gli sfilano la pistola di ordinanza. Sono le nove del mattino, il sole è alto, la struttura sanitaria immersa nel tardo risveglio di una domenica d’agosto, le telecamere del circuito di sicurezza vigilano, e la guardia giurata, dipendente della società “Il detective”, si trova al cancello esterno in via Spadafora.

Sono in due ad avvicinarsi, a volto spudoratamente scoperto, veloci e pronti. Gli sfilano la pistola d’ordinanza, lui fa resistenza, loro non ci pensano due volte e lo feriscono con un colpo di pistola calibro 7,65 al polpaccio. L’uomo cade a terra, cerca di rialzarsi e, nonostante la ferita, inseguirli. Ma i due si dileguano saltando in sella ad un grosso ciclomotore, che avevano lasciato parcheggiato in una traversa vicina. Adesso i carabinieri contano di individuarli attraverso i filmati del circuito di videosorveglianza.

Qualche mese prima era toccato al vigilantes di una banca, poco lontano dal nosocomio teatro del ferimento dell’ultimo di agosto: lui reagisce al tentativo dei banditi di svuotargli la fondina, loro prima di fuggire gli sparano una fucilata. Delinquenti in cerca di armi, quindi. Ferri efficienti e pronti a sparare. Come quello ritrovato in una baracca di Maregrosso il 3 settembre scorso dove gli agenti hanno ritrovato un fucile calibro 12 e diverse munizioni.

Il 26 agosto, sempre in una baracca della stessa zona in mano agli spacciatori di droga e al racket delle estorsioni, gli uomini del commissariato nord avevano sequestrato una calibro 7,65 con proiettili e caricatore. Il giorno dopo, in un’altra baracca, in via Cuore di Gesù, a Giostra. La custodiva un manovale con piccoli precedenti, Giacomo Russo, 31 anni. Una calibro 7,65, con matricola, un caricatore, sei proiettili ed un involucro con due cartucce calibro 12, che l’uomo nascondeva forse per conto di qualcun altro. Una pistola dello stesso calibro era stata adoperata lo stesso giorno al villaggio Santo.

A finire nel mirino era stato il panettiere Giuseppe Giacoppo. Posato il grembiule, chiuso il forno, stava abbassando la saracinesca e voleva tornare a casa, dormire per qualche ora prima di ricominciare a lavorare. Invece una grossa moto fa slittare le ruote alle sue spalle, lui si volta li guarda con un’espressione dubbiosa e chiede “abbiamo lavorato insieme?”.

La risposta è un muro di pallottole, a cui il panettiere si sottrae nascondendosi dietro un’auto parcheggiata nelle vicinanze. Una, però, lo raggiunge alla coscia. Solo qualche giorno prima, la sera di giovedì 21 agosto, in piazza San Matteo a Villa Lina, a nord di Giostra, Giovanni Coppolino, qualche piccolo precedente alle spalle, era rimasto vittima di un agguato simile.

I colpi, anche questa volta, sono partiti da una pistola calibro 7,65. Ai primi di luglio, invece, il quarantottenne Giuseppe Cosenza si era visto sibilare vicinissimo due proiettili che lo hanno ferito di striscio allo zigomo ed al braccio, mentre era fermo sulla sua auto sul centralissimo viale San Martino. Riusciranno queste “avvisaglie” a svegliare dal torpore i messinesi e i politici locali sull’esigenza della lotta alla criminalità? Ne dubito.

Messina. L’autunno della mia cittàultima modifica: 2008-09-18T11:13:00+02:00da sagittario290