LUCCA
CARABINIERI
Arrestate 13 persone della “gang degli outlet”
Alla fine è caduta nella rete dei carabinieri la banda di rumeni specializzata in furti negli outlet, nei negozi e nelle aziende della Piana lucchese e di mezza Toscana e parte della Liguria
Le indagini coordinate dalla Procura, con un’operazione denominata «Outlet», hanno preso avvio nel febbraio 2007 dopo alcuni furti messi a segno in varie cartiere e outlet della zona del Capannorese: erano stato rubati personal computer, materiale informatico, capi di abbigliamento griffati, telefonini e profumi. Erano stati i carabinieri del Norm del maresciallo Clementi e quelli di Capannori, diretti dal maresciallo Fasiello, a far cadere in trappola i primi due rumeni nell’agosto 2007. Avevano nascosto in un campo di mais 35mila euro di refurtiva del colpo messo a segno in via di Carraia all’outlet di Massimo Rebecchi, a due passi dall’autostrada A11. I militari avevano capito tutto e li avevano attesi la notte successiva quando erano tornati per recuperare i capi d’abbigliamento griffati. In manette erano finiti Marius Boiasu e Constantin Nuta. Il secondo era stato condannato a un anno e quattro mesi e rimesso subito in libertà. Il primo, condannato a due anni, dal carcere aveva continuato a guidare la banda, grazie ai colloqui con la compagna. Peraltro era già uscito di cella grazie all’indulto e si era rimesso a rubare.
Ma intanto, come hanno spiegato in conferenza stampa il comandante provinciale dei carabinieri di Lucca, colonnello Stefano Ortolani, e il capitano Tiziano Marchi comandante della Compagnia, i militari hanno avviato un’articolata attività investigativa durata oltre un anno e alla fine sono riusciti a identificare tutti i componenti della gang rumena. Alla puntuale e quasi militaresca organizzazione della banda, i carabinieri hanno contrapposto una strategia investigativa ancora più meticolosa, efficace e paziente. «E’ stata un’operazione lunga e complessa — ha sottolineato il comandante provinciale Ortolani — ma i risultati sono arrivati. Abbiamo utilizzato intercettazioni telefoniche, verifiche su impronte e database, pedinamenti, lunghi appostamenti notturni. Il personale si è impegnato al massimo, come sempre senza guardare al numero di ore, alle notti in bianco e agli straordinari. Abbiamo avuto anche la fattiva collaborazione degli istituti di vigilanza privata».
Paolo Pacini