Una notte di primavera con le ronde di sinistra

giacomo.amadori   Domenica 11 Maggio 2008 alle 10:34  

Una notte di primavera con le ronde di sinistra

74f15397cdacc2e90ec632bb22bc79d7.jpgI casermoni popolari di viale Lombardia non ricordano le ville di Ocean drive, né l’antennone della Telecom ha il fascino evocativo della collina di Hollywood, anche perché qui non c’è un James Ellroy che trasformi il degrado in mistero. Eppure, da tempo, Rozzano, 40 mila abitanti alle porte di Milano, ha un soprannome: Rozzangeles. Non certo per le spiagge o i negozi esclusivi, ma per quel senso di insicurezza che si respira in certe zone della metropoli californiana. Sarà per questo che il sindaco Massimo D’Avolio, 42 anni ben portati dentro un giubbotto sportivo, e l’assessore alla Protezione civile Stefano Apuzzo, ex deputato verde, hanno deciso di indossare i panni un po’ rigidi degli sceriffi americani, degli sbirri di L.A. confidential o Clandestino.
E certo in questo cambiamento ha influito la batosta del Partito democratico alle ultime elezioni. Eh sì, perché la giunta rozzanese è targata centrosinistra e il voto amministrativo è previsto nel 2009. Per questo ora la parola d’ordine in città è sicurezza. Declinata in tutti i modi.
Sono in progetto l’associazione Rozzano SiCura, corsi di autodifesa per signore, un’assicurazione contro scippi e rapine in strada per donne e over 70 e un sistema di videosorveglianza collegato alle centrali di vigilanza privata.
Un nuovo corso che non poteva ignorare il forte significato simbolico delle ronde. Così da maggio le notti rozzanesi sono sorvegliate dai “pattuglioni della città”, squadre di vigili, uomini e donne della protezione civile e i City angels, volontari di strada che da anni bazzicano le zone più pericolose di Milano. Pattuglioni, con tanto di cani al seguito, del tutto simili alle ronde padane della Lega Nord. Ma guai a chiamarle così davanti agli amministratori di Rozzano. Politicamente scorretto pure il termine “ronde democratiche”. Panorama ha seguito l’esordio dei pattuglioni, domenica 4 maggio. Ecco la cronaca.
L’appuntamento è dopo il tramonto all’ingresso di Rozzano. Apuzzo, 42 anni, si presenta su una vecchia Thema con impianto gpl. In auto ha un cappuccio bianco simile a quelli degli attivisti del Ku klux klan. Il cronista si preoccupa, Apuzzo sorride: “È uno di quelli che abbiamo regalato all’ex sindaco di Milano Paolo Pillitteri alla fine degli anni Ottanta perché rifiutò il voto agli immigrati. Ma i tempi cambiano per tutti”. Oggi l’assessore vuole controllare abusivi e rom. L’autoironia diventa antidoto per l’imbarazzo.
Arriva un furgoncino dei City angels, scendono una donna e due uomini con la maglietta rossa dell’organizzazione. Sentono che è in programma uno sgombero di un gruppo di nomadi. La donna, Paola, protesta: “Noi stiamo dalla parte dei deboli, che per ora sono ancora loro”. Apuzzo non ci sta: “I deboli sono le vecchiette che gli zingari scippano”. La prima tappa è nella zona degli orti di via Perseghetto, ripulita dagli abusivi il mese scorso. In un boschetto c’è una baracca con una decina di romeni. All’arrivo del cronista ci sono ancora il capofamiglia, Johan, 42 anni, disoccupato, il figlio Christian, 18 anni, lavavetri ai semafori, una ragazza che allatta un neonato circondata da vigili, carabinieri, uomini della protezione civile. Il sindaco discute con Johan: “Ve lo avevamo detto che non potevate più stare qui”. Quindi, con tono piatto, ripete più volte: “Via da Rozzano”.
Johan ribatte che vuole casa e lavoro. Sembra facile. “Cumpa’ te ne a ì a ccà”, te ne devi andare di qua, sibila l’assessore Apuzzo. Uno dei volontari gli fa notare che l’uomo è romeno, non napoletano. Apuzzo replica che il dialetto partenopeo è internazionale. La ruspa abbatte le lamiere che circondano la baracca. La scena è illuminata dalla luce di molte torce. I cani abbaiano. I rom spostano una carrozzina e un gioco per bambini che inizia a trillare e lampeggiare. La giovane mamma adesso allatta seduta per terra. L’ordine è di lasciare la zona entro le 7 del mattino e di non farsi più vedere.
“Garantire la sicurezza ai propri cittadini e soprattutto alle proprie cittadine non è una questione ideologica o una risposta fobica ed emotiva alle notizie di cronaca di queste settimane, è un dovere di chi governa” spiega a Panorama il sindaco, un po’ impacciato nel ruolo di sceriffo.
Il lavoro del pattuglione non è finito. È il momento di spostarsi verso il ponte della tangenziale. Sotto vivono in condizioni igieniche disastrose due famiglie. Quando appaiono le ronde democratiche c’è il fuggifuggi. Il più anziano si chiama Stefan, ha 48 anni, accoglie i visitatori con un sorriso sgangherato: “Non siamo mica mafiosi” dice, riferendosi allo spiegamento di forze. Al cronista dice di essere senza lavoro: “Per 5 mesi ho fatto il manovale in un cantiere, ora cerco un altro impiego”. “Mi sa che a te lavorare non piace. Sei sempre davanti al centro commerciale a fare niente” ribatte il sindaco che quel romeno lo ha ben presente.
Anche per loro arriva il foglio di via. Devono sparire entro il mattino. Il sindaco mostra la faccia più determinata che gli riesce: “Voi a Rozzano non dovete più tornare”. “Va bene” ribatte Stefan “verrò solo per incontrare gli amici”. “No. Fatti venire a trovare da loro, fuori dalla nostra città”. Due giovani carabinieri seguono il pattuglione e commentano: “Il clima è cambiato. C’è più intransigenza”.
A guidare le operazioni per la polizia locale è il vicecomandante dei vigili, Vincenzo LaVecchia. Ha faccia e baffi da film poliziesco anni 70: “A Rozzano scoraggiamo anche chi chiede l’elemosina, sebbene non sia un reato”. Con ottimi risultati. “Per esempio ai semafori sono spariti i lavavetri”. La riscossa è partita nelle scorse settimane. E ha molti padri. Tra questi c’è anche Luigi, capelli candidi e occhi azzurri. È lui che con altri operai ha scoperto che una delle ruspe del comune era finita nel campo nomadi di via Chiesa Rossa, al confine con Rozzano. E l’ha fatta recuperare dalle forze dell’ordine. “Da soli non avremmo potuto farlo. C’è da aver paura anche solo a fermarsi là, hanno le vedette e sono aggressivi”.
I rom, però, non sono la sola emergenza cittadina. Anzi, il problema più serio sembrano gli italiani. Il 40 per cento dei residenti di Rozzano abita in centro, nelle case popolari Aler. E i giardinetti di via Magnolie sono quasi off limits pure per il pattuglione. Sono circondati da una corona di palazzi alti dieci piani, tutti uguali: quando arrivano le divise, le luci degli appartamenti si illuminano e dalle finestre spuntano molte sagome. Sotto i ragazzi, boss in erba, si compattano e squadrano minacciosi i nuovi arrivati. Un vigile viene bersagliato da insulti, il più gentile è “pinguino”. Un giovanotto grida: “Viva Totò Riina”. Il padrino abita poco lontano da qui, nel carcere di Opera.
Il sindaco (che presenzia a tutti gli sgomberi degli occupanti abusivi delle case popolari) e i suoi uomini preferiscono non incrociare lo sguardo dei ragazzi. Apuzzo parla con Renato Porciello, presidente del nucleo della Protezione civile: “Poco per volta dovremo avvicinarli e fargli capire che questo non è il loro territorio. Le regole valgono per tutti”.
Donato, un altro volontario, consiglia al cronista di non fissarli: “Vivo qui e quando nel mio palazzo abbiamo protestato perché una signora si era allacciata abusivamente alla rete elettrica, alcuni vandali hanno distrutto l’atrio del palazzo e hanno rigato le nostre auto”.
È quasi l’ora di andare a dormire e il sindaco lancia l’ultimo messaggio: “Vogliamo che gli uomini e le donne del pattuglione siano presenti negli uffici postali quando gli anziani ritirano la pensione, nei parchi e nei quartieri Aler dove pochi bulli e malviventi tengono in scacco una maggioranza di persone oneste e lavoratrici”. Questa volta sembra convinto. Si capisce che la parte dello sceriffo democratico inizia a piacergli.

Una notte di primavera con le ronde di sinistraultima modifica: 2008-05-12T11:30:03+02:00da sagittario290