Mercato della sicurezza un business da paura

05 Maggio 2008

ECONOMIA ITALIANA

Mercato della sicurezza un business da paura

LUCA PAGNI

La brochure si trova nel sito di Assosicurezza, che raggruppa una cinquantina di società del settore. Pubblicizza un agile manuale destinato alla messa in sicurezza dei beni ecclesiastici». Perché quando le preghiere non bastano, i sistemi di allarme e le telecamere possono fare molto di più, visto che la pubblicazione assicura di essere «molto utile ai parroci, poiché fornisce tutte le indicazioni legali per trattare secondo la legge opere d’arte, prevenendo i furti o creando i presupposti per perseguirne gli autori e recuperare i reperti».
Un caso molto particolare, ma che la dice lunga di quanto sia ormai variegato, ma soprattutto organizzato ed economicamente avanzato il business che comprende telecamere, porte blindate, videosorveglianza e tutto ciò che riguarda la sicurezza sia degli edifici privati che delle grandi aree urbane. Un tema diventato di moda perché al centro dei primi dibattiti del dopo voto, sia nazionale che amministrativo. Ma, in realtà, sarebbe bastato guardare i numeri per capire soprattutto in alcune zone del nord come le preoccupazioni sia dei singoli cittadini sia delle amministrazioni pubbliche si fossero già tramutate in investimenti miliardari.
E che il problema fosse particolarmente sentito nelle regioni settentrionali lo dicono, tanto per cominciare, il numero di telecamere installate dai comuni più grandi. Non siamo ancora a livelli di Londra non a caso definita “the Big Brother”: oltremanica è attivo il 20% delle telecamere di tutto il mondo, con 4,2 milioni di apparecchi, uno ogni 14 cittadini, grazie ai quali ogni abitante viene ripreso in media almeno 300 volte al giorno. Nonostante anche in Italia si stia andando sempre di più in questa direzione, a numero siamo ancora lontani anni luce: in una classifica per grandi centri, in testa c’è Milano con la sue 700 telecamere elettroniche, con a ruota Bologna (290) e Firenze (100). A Roma, invece, siamo ancora fermi a non più di una settantina.
Andranno addirittura oltre le Ferrovie dello Stato. Uno dei provvedimenti del governo uscente è stato quello di finanziare con i ribassi d’asta delle gare Fs, e non appena ci sarà il via libera del Cipe, un piano da 12 miliardi per dotare di impianti di videosorveglianza tutte le principali stazione ferroviarie.
Ma nel computo delle spese pubbliche per la sicurezza delle città, non si può non citare la vigilanza urbana. Secondo le ultime statistiche, alla polizia municipale è destinato in media l’8% delle spese correnti dei comuni italiani, cifre importanti, che diventano il 9 e l’11% a Milano e a Roma. Nel totale dei soli capoluoghi di regione la cifra complessiva supera il miliardo di euro. Ma da soli non basterebbero a garantire la sicurezza nei quartieri, visto che almeno la metà dei vigili delle città mediograndi passa il suo tempo in ufficio. Ecco allora in azione gli agenti di prossimità: ne sono stati calcolati quasi 4mila (divisi a metà tra poliziotti e carabinieri), di cui più della metà occupati nei capoluoghi di regione. Di questi 900 nella sola Roma, mentre a Milano 350 agenti di prossimità sono affiancati da 400 vigili di quartiere.
Fino a qui il ruolo degli enti pubblici. Ma anche i privati, in questi ultimi anni non si sono sottratti a spese dedicate alla sicurezza. A cominciare dalle abitazioni. Nell’ultima edizione dal Saie di Bologna, Fiera dedicata all’edilizia, è stata presentata una statistica secondo cui il 75% degli italiani teme furti e aggressioni in casa. Da qui, l’aumento delle spese per casseforti, porte blindate, infissi antiintrusione, il cui fatturato supera oramai il miliardo e mezzo di euro all’anno. Ma non solo: l’ultima tendenza riguarda i condomini, che in numero sempre maggiore si stanno dotando ai portoni di telecamere collegate a una centrale di sorveglianza. La tendenza, segnalano gli esperti, non potrà che essere all’aumento degli investimenti per questo tipo di strumenti, visto che secondo dati Eurispes solo il 7,4% degli italiani è dotato di sistemi di videosorveglianza mentre gli antifurti sono presenti solo nel 27,8% delle abitazioni.
C’è poi il capitolo supermercati. L’anno scorso il valore dei furti dagli scaffali ha superato in Italia i 3 miliardi di euro, pari all’1,23 delle cosiddette “differenze inventariali” della grande distribuzione organizzata, che ci pone al quarto posto della classifica europea, anche se il primato per il più alto valore di merce rubata va alla Gran Bretagna con quasi 5,6 miliardi di euro (e una differenza inventariale dell’1,34%).
Anche in questo caso, la reazione ha portato a investire in tecnologia antitaccheggio: nel 2007, gli investimenti hanno superato i 900 milioni di euro. In questo modo, sul mercato italiano si è arrivati a proteggere fino a 15milioni di articoli.
Ma quali sono i prodotti più rubati in Italia? Il maggiore incremento è stato registrato dai superalcolici, cresciuti di 21,8 punti percentuali in un anno, seguiti dai prodotti cosmetici (+12,4%) e dai capi d’abbigliamento (+12,2%).
Sicurezza privata significa anche vigilantes e guardie giurate. Un tempo attive soprattutto nelle grandi città e ora diventate una presenza comune anche nei piccoli centri. Si tratta di un mercato talmente in espansione e dai risultati economici convenienti al punto da aver attirato i fondi di private equity.
Solo pochi anni fa le imprese del settore erano 200 con 20mila addetti. Ora sono diventate 965 e i dipendenti 50mila. E sono solo quelle iscritte a Federsicurezza che copre il 75% di un mercato che a livello italiano ha raggiunto un fatturato di 2,4 miliardi di euro all’anno. Non a caso il 50% delle società è nato dopo il 2001, dopo il boom della richiesta di sicurezza in tutto il mondo in seguito all’attentato alle Torri Gemelle. Si diceva dei private equity: il fondo Sterling Square Capitals ha da poco rilevato la Sicurglobal di Gallarate (164 milioni di ricavi) da Bs Private Equity, mentre Capitolotre di Milano è finita sotto il controllo di 21 Partners Sgr e Banca Leonardo.
Un piccolo aiuto ai privati è arrivato dal governo uscente che nel 2007 ha stanziato 30 milioni in tre anni destinati a una categoria colpita dalla malavita: i commercianti. Fondi sotto forma di credito di imposta destinati in particolare a ristoratori, farmacisti, benzinai, oltre che ai tabaccai (cui sono toccati altri 15 milioni). Ma l’opzione non è piaciuta un granché. Per esempio: la Fit (Federazione italiana tabaccai) pur guardando con favore «al riconoscimento del disagio della categoria» ha fatto capire che i soldi messi a disposizione sono pochi: in effetti 15 milioni per una categoria che vede 56mila iscritti, di cui almeno 47 mila interessati finiscono per non essere tantissimi. In ogni caso, il Governo prevede che ogni destinatario non possa comunque avere un credito superiore ai 3mila euro. Non molto, ma è comunque un inizio. E ora tutti in attesa di capire gli orientamenti del prossimo esecutivo che della sicurezza ha fatto il suo cavallo elettorale vincente.

Mercato della sicurezza un business da pauraultima modifica: 2008-05-06T11:10:27+02:00da sagittario290