«Individuammo gli autori dell’assalto»

Edizione Padova

Giovedi’ 27 Marzo 2008

Il questore Carmine Damiano, ex capo della Mobile, depone al processo per l’omicidio del metronotte ucciso sulla Serenissima

«Individuammo gli autori dell’assalto»

Nel giugno 1992, appena tre mesi dopo la tragedia, la polizia era sulle tracce dei malviventi

(L.L.) Tre mesi dopo il sanguinoso fallito assalto al blindato sulla Serenissima, del 15 marzo 1992, gli investigatori della Squadra mobile avevano individuato i presunti autori. In base a quelle indagini il pubblico ministero Antonino Cappelleri apri un’inchiesta a carico di cinque individui della mala del Piovese e della Riviera del Brenta. Nel gruppo degli indagati, prosciolti dopo un anno di indagini, c’erano anche i nomi di due degli attuali imputati, a giudizio per rispondere dell’omicidio di Andrea Padovani, trentuno anni di Salò, rimasto ucciso dai proiettili dei fucili mitragliatori mentre era al volante del furgone blindato.

Il questore Carmine Damiano, storico dirigente della Mobile padovana, attualmente al Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale, racconta ai giudici della Corte d’assise, presieduti da Mario Fabiani, come si svolsero le indagini quella tragica notte di sedici anni fa. Il blindato venne superato dall’Alfa 33 Sw, nella quale viaggiavano tre persone, nei pressi dell’area di servizio di Limenella. Dietro lo seguiva un’altra Alfa 33 con i due complici. In corrispondenza del viadotto sulla statale della Riviera del Brenta improvvisamente il portellone posteriore dell’Alfa si spalancò. I banditi aprirono il fuoco con i kalashnikov. L’autista morì sul colpo. I due vigilantes sopravvissuti si lanciarono nella scarpata e spararono contro i malviventi. Mentre era in corso la sparatoria, sopraggiunse una Passat sulla quale viaggiavano Mauro Marangon e la moglie Tiziana Ruttino, residenti nel veneziano. L’auto finì contro la macchina dei rapinatori, di traverso sulla carreggiata, e si capovolse nella scarpata, incendiandosi. La coppia veneziana si salvò miracolosamente. Il questore Damiano dice che erano scene terribili quelle che si trovarono davanti gli investigatori.

Oggi a giudizio ci sono Lucio Calabresi, quarantunenne di Vigonovo, difeso dall’avvocato Piero Someda, Angelo Meneghetti, quarantaduenne di Fosso, difeso dagli avvocati Franco Capuzzo e Monica Violato, e Daniele Sarto, difeso dagli avvocati Anna Maria Marin e Lucia Tedeschi. Tra le cinque persone che finirono sotto inchiesta nel giugno 1992 c’erano anche Calabresi e Sarto. Ma all’inizio di gennaio 1993 il pubblico ministero Cappelleri dovette chiedere l’archiviazione del caso. I capelli rinvenuti su un giubbotto e su un passamontagna rinvenuti sul luogo dell’assalto non appartenevano ai cinque indagati. Ora l’accusa si avvale anche delle confessioni di Stefano Galletto, ultimo “pentito” della mala del Piovese. Si torna in aula mercoledì prossimo.

«Individuammo gli autori dell’assalto»ultima modifica: 2008-03-28T11:35:36+01:00da sagittario290