John Lennon la sua morte diventa un film

Edizione NAZIONALE

06/01/2008

John Lennon la sua morte diventa un film

La pellicola di Piddington accolta bene dal «New York Times» L’inglese Jonas Ball è Chapman

Francesca Scorcucchi Los Angeles. A New York sono le dieci e trenta di sera dell’8 dicembre 1980. La limousine bianca che riaccompagna a casa John Lennon e Yoko Ono ha raggiunto il Dakota Building, che sulla 72ma strada fronteggia Central Park e in cui vivono le star. Yoko precede John. Nel breve tragitto che lo separa dall’entrata, l’ex Beatles oltrepassa un fan a cui qualche ora prima, uscendo dal Dakota, aveva autografato una copia di «Double Fantasy», l’album che a fine novembre aveva interrotto i suoi cinque anni di silenzio discografico. «Mister Lennon!», gli urla. Il cantante si volta. Il fan impugna un revolver. John tenta la fuga, ma lo raggiungono quattro dei cinque proiettili esplosi. Barcolla fino all’ingresso del Dakota, poi crolla dicendo: «Mi hanno sparato». Lennon muore poco dopo al Roosevelt General Hospital, dove arriva in condizioni disperate per la gravissima emorragia causata dai proiettili esplosivi. L’uomo che lo ha ucciso è uno psicopatico che si dice guidato da una voce interiore e si chiama Mark David Chapman. La notizia fa il giro della città e presto del mondo. Le radio diffondono le canzoni dei Beatles, le strade si riempiono di uomini, donne, ragazzi e bambini, chitarre e candele. Il giorno dopo, Pete Hammill scrive sul New York Magazine: «L’entrata dell’obitorio è sigillata da catena e lucchetto… In una cella frigorifera giacciono gli anni Sessanta…». La cronaca di quei momenti e dei momenti successivi, a 27 anni da quel dramma, viene ora raccontato in «The Killing of John Lennon», film di Andrew Piddington che ha debuttato nel fine settimana di Capodanno a New York. «Non ero nessuno sino a che non ho ucciso il più grande qualcuno sulla Terra»: Chapman ha sintetizzato così le ragioni del suo gesto. «The Killing of John Lennon» è un docudrama, ovvero una via di mezzo fra un film e un documentario che cerca di fare chiarezza sulla personalità dell’uomo responsabile dell’assassinio di Lennon. Ogni cosa che Chapman, intepretato dall’attore inglese Jonas Ball, dice nel film sono le parole pronunciate nella realtà e raccolte attraverso il materiale giornalistico e i documenti della polizia successivi al fatto, interviste, deposizioni, trascrizioni dei processi. Il «New York Times», che ha recensito positivamente il film, parla di una pellicola capace di creare disagio nello spettatore per la maniera in cui viene raccontato questo viaggio nella mente, malata, dell’uomo ancora rinchiuso nel carcere di Attica, nello stato di New York. «Niente avrebbe potuto fermarmi quella sera, mi sentivo come un treno lanciato in corsa che nessuno può bloccare», ha raccontato l’assassino, che all’epoca aveva 25 anni. Dopo aver sparato, Chapman non fugge. Al momento dell’arresto, gli trovano addosso una copia di quella che egli stesso definisce la sua guida spirituale: «Il giovane Holden» di Salinger, che durante il processo continuerà a citare come se si trattasse della Bibbia. Alla polizia dichiara di aver agito in preda a due forze incontrollabili. Una gli diceva di farsi fare l’autografo e di andar via. L’altra lo spronava a uccidere il suo idolo: «Do it, do it, do it…». Demoni, li definisce Chapman, giovane dall’alto quoziente di intelligenza con un passato fortemente contraddittorio, fatto di impegno al servizio del prossimo e tossicodipendenza, matrimonio, alcolismo e incapacità di mantenere un lavoro stabile. Il film comincia alle Hawaii, dove Chapman viveva con la moglie Gloria, interpretata da Mie Omori, e dove faceva la GUARDIA GIURATA, lavoro dal quale si licenziò in occasione della sua prima partenza per New York. Era ottobre, e John Lennon non era in città. Chapman racconterà di aver visto in quell’occasione il film «Ordinary People» e di essere stato dissuaso, sebbene temporaneamente, dai suoi propositi. Sarebbe tornato a Manhattan in dicembre, per portare a termine la sua missione. Aveva amato i Beatles e Lennon fino al giorno in cui John dichiarò che i Fab Four erano più famosi di Gesù. John era stato il suo idolo, ma era ricco, famoso e per di più blasfemo. Lui era povero e senza identità. L’unico modo di dimostrare di esserci, a quel punto, per lui, era di rubare la celebrità a John. E sparò.

John Lennon la sua morte diventa un filmultima modifica: 2008-01-07T12:05:00+01:00da sagittario290