Secondo l’Abi e le forze dell’ordine, …

Edizione Treviso 

Sabato 1 Dicembre 2007

Secondo l’Abi e le forze dell’ordine, …

Secondo l’Abi e le forze dell’ordine, sarebbero “solo” 15 le rapine in banca nella Marca, dall’inizio dell’anno. Eppure, facendo una prova “pratica”, non è poi così difficile entrare in un istituto di credito ed avvicinarsi ai cassieri, anche armati dei più comuni “strumenti del mestiere” del bandito. La cronista l’ha fatto ieri mattina: in borsetta coltello da cucina, taglierino a estrazione, forbicine appuntite, cellulari e chiavi. Un armamentario che nel 90% dei casi (quando cioè il rapinatore non usa pistola o siringhe) è più che efficace a spaventare commessi e cassieri delle banche, per farsi consegnare qualche migliaio d’euro.

L’altro giorno è stato firmato in Prefettura il Protocollo contro la criminalità negli istituti di credito. Un documento che rende obbligatori almeno quattro dispositivi di sicurezza in una lista di 16, in primis la videosorveglianza. Ma la vera sicurezza, quella che non mette in pericolo solo il denaro custodito nelle casse bensì l’incolumità di dipendenti e clienti al di qua degli sportelli, è lungi dall’essere assicurata.Il “viaggio” del Gazzettino tra sei banche della città e della primissima periferia comincia alle 10.30: un orario in cui molti clienti si recano agli sportelli per operazioni e versamenti. Tre persone infatti sono in attesa all’Antonveneta di via S. Antonino, rapinata qualche mese fa. Entriamo nella bussola, con in borsetta coltello da cucina (e forchetta), chiavi, cellulari, forbicine, e naturalmente il classico taglierino. Basterebbero, com’è avvenuto in molte occasioni, per farsi consegnare almeno qualche centinaio di euro. All’esterno della banca un adesivo incollato alla vetrata avvisa di lasciare nelle cassettine di sicurezza all’ingresso ombrelli, chiavi, cellulari, macchine fotografiche… ma noi entriamo anche con coltello e taglierino. Il metal detector nella bussola suona: i dipendenti alzano lo sguardo e la metà del portone scorrevole che dà sull’interno si apre comunque. Siamo insospettabili come rapinatori? Chissà: giubbotto scuro con cappuccio e sciarpa sul volto ci accomunano a molti banditi. Però entriamo lo stesso.La seconda tappa è alla Banca Intesa, sempre a S. Antonino, all’incrocio con via del Mozzato. Stavolta il metal detector della bussola (che resta sempre aperta nella metà esterna) suona con maggiore insistenza: una voce preregistrata ci invita a lasciare oggetti metallici nelle cassettine esterne. In mano abbiamo le chiavi che depositiamo nello sportellino numero 11. In quel momento arrivano altri clienti, ci accodiamo e riusciamo ad entrare, in borsa sempre oggetti da taglio (coltello, taglierino). Stessa dinamica riportata dalle cronache in occasione di alcune rapine, anche in quell’istituto di credito.All’Unicredit lungo il Terraglio (teatro di più irruzioni banditesche negli anni) quattro operai stanno eseguendo lavori interni. Entrano ed escono liberamente dalle due bussole. Ci sono telecamere ovunque, ma quando facciamo una silenziosa “irruzione”, seppure “armati”, nessuno ci ferma e nessun allarme suona. Eppure abbiamo un coltello in tasca: potremmo, se fossimo dei banditi, prendere in ostaggio i tre clienti che aspettano in fila. Come potremmo fare anche all’Intesa San Paolo in piazza Borsa. Lì la bussola non c’è nemmeno perchè all’esterno e ad ognuna delle casse un cartello avverte “no cash”. Significa che la cassaforte è a tempo, e quindi fa uscire il denaro dopo diverse decine di secondi dalla richiesta dei dipendenti. Un sistema di sicurezza che tutela la banca, ed applicato anche in altri istituti di credito. Ma, in teoria, nei minuti in cui abbiamo atteso in fila potevamo estrarre le armi da taglio e minacciare clienti e commessi per farci dare ciò che in quel momento stava uscendo dalle casse.Nel cuore del centro storico, l’Unicredit di piazzetta Moro è superblindata: cassaforti temporizzate, videocamere ovunque, avvisi antirapina, e perfino una guardia giurata armata che serve come deterrente per chi cerca di entrare con “cattive intenzioni”. In quel caso, anche un rapinatore farebbe meglio a cambiare obiettivo. Svoltato l’angolo con via Indipendenza, puntiamo alla Banca Treviso: nella bussola, si sente per tre volte un “bip”, forse del metal detector, ma poi si entra senza problemi. Due clienti stanno attendendo il proprio turno per le operazioni con l’unica commessa presente al momento. Anche qui, si entra e si esce senza troppi sguardi indagatori, perfino senza aver lasciato nelle cassettine di sicurezza chiavi e coltelli.

Mancano 23 giorni all’entrata in vigore del protocollo firmato giovedì da 31 istituti di credito della Marca con Abi, Provincia, forze di polizia e Prefettura. L’articolo 2 recita che le filiali “si impegnano a segnalare alle Forze dell’ordine movimenti sospetti di persone all’interno e all’esterno delle dipendenze bancarie”. Evidentemente, ieri mattina, noi non eravamo abbastanza sospetti: non ci ha fermati nessuno. E tra 6 giorni, per garantirci la privacy, le nostre immagini saranno cancellate per sempre dal sistema di videosorveglianza.

Serena Masetto

Secondo l’Abi e le forze dell’ordine, …ultima modifica: 2007-12-02T12:05:00+01:00da sagittario290