Il “colpo” era stato studiato nei …

PADOVA 

Mercoledì, 6 Giugno 2007

Il “colpo” era stato studiato nei …

Il “colpo” era stato studiato nei minimi particolari. E nei minimi particolari è stato ricostruito all’udienza di ieri al processo alla nuova mala del Piovese e del Brenta. Collegato con l’aula bunker in videoconferenza Stefano Galletto, il “pentito”.


Erano stati Mariano Magro e Andrea Batacchi ad individuare l’obiettivo, un furgone portavalori di una piccola azienda rodigina che operava per la North East Service. Un blindato di linea, che faceva la spola tra Rovigo e il centro conta patavino della Nes, in via Ca’ Stimabile, a San Lazzaro. La preparazione dell’assalto durò quasi cinque mesi. Anche perchè nel frattempo Magro, che si era dotato di un apparecchio in grado di rilevare le microspie, «aveva scoperto che nella sua auto e in quella di Ivan Termini erano state piazzate delle cimici».

Nonostante tutto il lavoro preparatorio, Magro non partecipò all’assalto, messo a segno nel tardo pomeriggio del 3 maggio 2002, sulla bretella che collega l’autostrada Padova-Bologna alla Serenissima. Ma avrebbe comunque partecipato alla spartizione del bottino: in ballo c’erano 850 mila euro in contanti.

Al “logistico” come sempre pensò Filiberto Gherardo. Fu lui a “preparare” il furgone Fiat Scudo blu utilizzato nell’assalto. Era stato rubato due mesi prima da Galletto e Nazzareno Pevarello in città, in via Ansuino da Forlì. L’autocarro era stato camuffato in modo da sembrare un mezzo dell’assistenza autostradale, con tanto di lampeggiante arancione. Al “tappamento” pensò come sempre Moreno Bruscaglin. «Ci trovammo a casa sua, dove aveva sepolto i bidoni con le armi». Il gruppo di fuoco era costituito, oltre che da Galletto e Pevarello, anche da Andrea Batacchi e Fabiano Meneghetti. Erano armati fino ai denti. Quattro kalashnikov con un migliaio di colpi, un bazooka, mezzo chilo di esplosivo al plastico.

Fu un assalto compiuto con precisione quasi militare. «Con lo Scudo guidato da Pevarello andammo fino a Rovigo. Ci accertammo che sul blindato caricassero i soldi». Appena imboccata la bretella i rapinatori entrarono in azione. Superarono il blindato e azionando i lampeggianti arancioni lo costrinsero a rallentale. Poi scaricarono sull’asfalto una cassetta di chiodi a quattro punte, un “brevetto” di Magro. «Io armai il bazooka e lo puntai contro le guardie . Cominciarono a sparare». Allora anche i banditi fecero fuoco con i kalashnikov. «Consumai tre caricatori. Fui colpito al torace ma il giubbotto antiproiettile mi salvò». In una manciata di secondi vennero esplosi almeno 250 colpi. Una pioggia di proiettili. Nella sparatoria venne coinvolta anche una Nissan Primera con a bordo una famiglia americana. Al volante Timothy Alan Ayers, militare della Marina Usa. Il lunotto posteriore polverizzato, la carrozzeria crivellata, era riuscito a fermare la macchina. Miracolosamente illesi la moglie e i due figlioletti.

Circondate da quattro banditi le tre guardie giurate si erano arrese. Disarmate delle pistole erano state fatte stendere nel fosso. Pochi secondi per applicare al caveau due panetti di plastico e infilare la miccia con il detonatore. L’innesco aveva funzionato, ma l’esplosivo aveva fatto cilecca. Niente botto. Colpa probabilmente della pioggia. «Era passato troppo tempo. Troppo rischioso restare lì, con il chiaro. Decidemmo di filarcela». Imprecando, risalirono sullo Scudo. Un paio di chilometri più avanti sfondarono una cancellata cancellata abbandonando l’autustrada. Incendiato il furgone, si rifugiarono a casa di Bruscaglin. «Ci lavammo. Avevo letto sui libri di balistica della Giuffrè, in internet, che i residui di sparo andavano via con sostanze che contengono cariche negative. Usammo il Dash». Subito gli investigatori avevano imboccato la pista giusta. Magro, Gherardo, Galletto e Batacchi avevano ricevuto la visita della polizia a domicilio. Ma il test dello stub era risultato negativo…

G.Colt.

Il “colpo” era stato studiato nei …ultima modifica: 2007-06-07T11:50:00+02:00da sagittario290