Mezzogiorno a Palazzo: mugugni del dopo-voto

12 Apr 2006

Tra gli uffici del Consiglio regionale a raccogliere voci sommesse e considerazioni sulle elezioni

Piove, governo ladro. E se non piove fa lo stesso, riflette Fabrizio Angioni, guardia giurata in servizio all'ingresso del Consiglio regionale: «Ci vogliono meno politici, più concreti, meno ladri». Alle 13 il risultato definitivo dello scrutinio, o qualcosa che gli somiglia davvero tanto, è una conquista recente, di un'ora prima, e nel palazzo di via Roma si dice tutto e il contrario. Poca politica, una spruzzata di qualunquismo e termini che ricordano da vicino, molto da vicino, i giudizi sommari del ministro Calderoli: «Non ha vinto nessuno, è la solita porcata». A mezzogiorno e spiccioli il bar del Consiglio è deserto. Angelo Saracino è dietro il bancone, come sempre da ventisette anni: «Ho iniziato con Armandino Corona presidente. Era tutto diverso, c'erano i partiti, adesso no». Racconta che in tutta la mattina non ha visto un calice levarsi al cielo: «Non c'è niente da festeggiare. Per nessuno. Il governo nazionale finirà come quello regionale quando c'era Mauro Pili, sempre a rischio per un voto». Non passano cinque minuti che entra caracollando un funzionario regionale. Soddisfatto del voto? Massimo Mura alza le mani: «Con il lavoro che faccio, qui dentro non ho voce». Un problema che non tocca Ornella Piredda. «Il risultato delle elezioni è il frutto di un disegno ben organizzato dal centrodestra» – sintetizza la bionda impiegata nella sede del gruppo misto – «Il flop dei sondaggi? Neppure le analisi più sofisticate potevano prevedere gli effetti della nuova legge elettorale». In ogni caso, tutti «dovrebbero fare autocritica». Nei corridoi circola il pizzetto biondo di Alberto Contu. Tiene alla premessa: «Non faccio parte di gruppi o altro, sono semplicemente amico di un consigliere sardista». Però un parere non lo nega, pragmatico quanto un politico navigato: «Il governo si farà, magari con qualche nuovo acquisto, ma si farà. I primi due anni e mezzo di legislatura servono ai deputati per acquisire il diritto alla pensione, che qualcuno sia disposto a rinunciarci?». Se il discorso cade sul risultato non proprio esaltante del Psd'az, cerca una via d'uscita onorevole: «Una navicella in mezzo a due corazzate». C'è un esercito silenzioso che va su e giù per il Consiglio con la divisa a righe. Il compito di Daniela Milesi è rassettare gli uffici del Servizio legale. Ha le idee chiarissime: «Si torni a votare. Poi mettano mano alla legge sul lavoro precario». Nel frattempo c'è da eleggere il Capo dello Stato e lei, ala destra del variegato movimento dei lavoratori, sogna l'elezione di Fini: «Comunque Berlusconi non si ritirerà». «Siamo al punto che il vincitore lo decidono gli elettori di un condominio», protesta un funzionario di un partito del centrodestra allergico ai taccuini dei giornalisti. La sua lettura dei dati è semplice, bipartisan: «Gli elettori votano in massa l'uomo forte, Berlusconi a Roma e Soru a Cagliari». Al piano terra, il vigilante che sorveglia a vista l'ingresso rimugina sul futuro prossimo. Il suo è quasi un manifesto elettorale: «Cambiare la legge elettorale, mettere un po' di gente al muro per avere meno politici, più coerenti, meno ladri». Vuoi vedere che sta per nascere un nuovo partito… Paolo Paolini

Mezzogiorno a Palazzo: mugugni del dopo-votoultima modifica: 2006-04-12T11:26:36+02:00da sagittario290