Corte di Giustizia per le Comunità Europee

17/02/2008

 

“I bandi per servizi di vigilanza in Italia violano la concorrenza”
La Corte di Giustizia sugli appalti di vigilanza
Il testo della sentenza

 

La Corte di Giustizia, con una fondamentale decisione resa nota negli scorsi giorni, ha dichiarato l’intero sistema italiano dei servizi di vigilanza privata, in contrasto con i principi comunitari.

In particolare:

1. Il giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana

Non è fondamentale la previa prestazione di un giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana per l’esercizio dell’attività di guardia particolare.

Ed invero, l’obbligo per le guardie particolari di prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana, indirettamente basato sulla cittadinanza, costituisce, per gli operatori di altri Stati membri attivi nell’ambito della vigilanza privata, un ostacolo ingiustificato tanto all’esercizio del diritto di stabilimento quanto alla libera prestazione dei servizi.

2. La necessità di autorizzazione prefettizia

Una normativa nazionale che subordina l’esercizio di talune prestazioni di servizi sul territorio nazionale, da parte di un’impresa avente sede in un altro Stato membro, al rilascio di un’autorizzazione amministrativa costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 49 CE.

3. La validità territoriale dell’autorizzazione prefettizia

La limitazione dell’ambito di applicazione territoriale dell’autorizzazione obbliga il prestatore a chiedere un’autorizzazione in ognuna delle province ove intende esercitare la sua attività, il che, tenendo presente la suddivisione dell’Italia in 103 province, rende inutilmente complicato e gravoso l’esercizio della libera prestazione dei servizi, ai sensi dell’art. 49 CE.

4. L’obbligo di una sede operativa in ogni provincia

L’obbligo a carico dei prestatori di servizi di avere una sede operativa in ogni provincia in cui viene esercitata l’attività di vigilanza privata, contrasta con l’art. 49 CE.

Ed invero, la condizione relativa alla sede operativa eccede quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito, che è quello di assicurare un efficace controllo dell’attività di vigilanza privata, in quanto l’interesse generale in tal modo perseguito è già tutelato dalle norme cui il prestatore è assoggettato nello Stato membro in cui è stabilito.

5. L’autorizzazione del personale delle imprese di vigilanza privata

L’esercizio dell’attività di guardia particolare giurata è soggetto ad un certo numero di requisiti, tra cui la nomina, che dev’essere approvata dal Prefetto.

La legislazione nazionale non tiene tuttavia conto dei controlli ai quali ogni guardia particolare giurata è soggetta nello Stato membro d’origine.

Quindi, il requisito secondo il quale gli appartenenti al personale di un’impresa di vigilanza privata devono ottenere una nuova autorizzazione specifica nello Stato membro ospitante costituisce una restrizione non giustificata alla libera prestazione dei servizi di tali imprese ai sensi dell’art. 49 CE, in quanto non tiene conto dei controlli e delle verifiche già effettuati nello Stato membro di origine.

6. Il numero minimo/massimo di dipendenti per ogni impresa di vigilanza

Il numero esatto dei dipendenti impiegati in ciascuna sede provinciale è un elemento indefettibile della domanda di licenza ed ogni modifica dell’organico del personale dipendente deve essere autorizzata dal Prefetto.

Qualsiasi variazione o modifica nel funzionamento dell’impresa, segnatamente una modifica del numero delle guardie impiegate, deve essere comunicata al Prefetto e da questo autorizzata. L’autorizzazione prefettizia necessaria per l’esercizio dell’attività di vigilanza privata viene quindi concessa tenuto conto, in particolare, dell’organico del personale dipendente. Una tale condizione può indirettamente indurre a vietare un aumento o una diminuzione del numero di persone assunte dalle imprese di vigilanza privata.

Obblighi siffatti costituiscono un ostacolo ingiustificato e sproporzionato sia all’esercizio del diritto di stabilimento sia alla libera prestazione dei servizi. Tenuto conto, infatti, delle limitazioni così imposte al potere di organizzazione e direzione dell’operatore economico e delle relative conseguenze in termini di costi, le imprese straniere di vigilanza privata possono essere dissuase dal costituire stabilimenti secondari o filiali in Italia o dall’offrire i loro servizi sul mercato italiano.

7. L’obbligo di versare una cauzione presso la Cassa depositi e prestiti

Le imprese di vigilanza privata sono tenute a versare una cauzione, nella misura da stabilirsi dal Prefetto, presso la sezione della Tesoreria provinciale dello Stato, a favore della Cassa depositi e prestiti, in ciascuna provincia in cui sono autorizzate ad esercitare la loro attività. Detta cauzione è diretta a garantire il pagamento di eventuali sanzioni amministrative in caso di inosservanza delle condizioni che disciplinano il rilascio della licenza.

Tale requisito impone un onere economico supplementare alle imprese che non hanno la loro sede principale in Italia, in quanto la norma di legge italiana non tiene conto dell’eventuale identico obbligo che può già esistere nello Stato membro di origine.

8. L’imposizione di un controllo amministrativo dei prezzi

Il Prefetto è incaricato di approvare le tariffe applicate dalle imprese a ogni prestazione di sicurezza privata. Qualsiasi modifica di tali tariffe deve essere autorizzata alle stesse condizioni.

Tale disciplina non è compatibile con la libera prestazione dei servizi. Il controllo dei prezzi così realizzato sulle tariffe praticate in Italia, impedisce ad un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro di presentarsi sul mercato italiano o di offrire i suoi servizi a prezzi più vantaggiosi di quelli praticati dai suoi concorrenti in Italia, o di proporre servizi più costosi ma ad elevato valore aggiunto, e dunque più concorrenziali.

Per quanto riguarda poi le tariffe minime obbligatorie, la Corte ha già dichiarato che una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa, costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall’art. 49 CE.

Corte di Giustizia per le Comunità Europeeultima modifica: 2008-02-18T12:30:00+01:00da sagittario290