I dubbi di Maurizio Landini sul salario minimo lasciano indietro i lavoratori poveri

LAVORO

20 MARZO 2023

I dubbi di Maurizio Landini sul salario minimo lasciano indietro i lavoratori poveri

Da un lato il segretario della Cgil chiede di vincolare gli stipendi alla contrattazione, dall’altro è costretto ad avviare una class action sui contratti nazionali che prevedono una paga inferiore ai 5 euro l’ora. Per tanti lavoratori i 9 euro l’ora delle proposte di legge sul salario minimo oggi sono un miraggio

di Gloria Riva

«Sì, ma con riserva». È ancora questa la posizione del segretario della Cgil, Maurizio Landini, sul salario minimo. Mentre la segretaria del Pd, Elly Schlein parla dell’urgenza di introdurre una soglia minima di salario uguale per tutti, così come indicato dalla risoluzione del Parlamento Europeo su indicazione della Commissione di Bruxelles, a Rimini Landini ribadisce che «serve una legge sulla rappresentanza e che i contratti devono avere validità generale, erga omnes. Dentro questo schema siamo disponibili a fissare anche una soglia di salario sotto al quale non si può andare», ha detto il segretario generale della Cgil, rimarcando la posizione del sindacato sul salario minimo, secondo cui in questo modo si combattono i contratti pirata attraverso la contrattazione e si garantisce non solo il salario, ma anche tutti i diritti e le tutele previste dalla parte normativa.

C’è un però. Mentre Landini difende – legittimamente – la priorità della contrattazione nazionale, la stessa Cgil avvia la prima class action dei sindacati, nello specifico sono Filcams Cgil e Fisascat Cisl, finalizzata alla disapplicazione delle tabelle retributive del contratto nazionale della vigilanza privata e servizi fiduciari, firmato da loro stessi nel 2013. Insomma, un cortocircuito, perché per alcune categorie persino le maggiori sigle sindacali non riescono a garantire salari dignitosi attraverso la contrattazione.

L’azione legale di classe avviata dalla Cgil contro il settore della vigilanza privata è scattato proprio in questi giorni, dopo sette anni dalla scadenza dell’ultimo contratto e preso atto che a nulla sono servite le tante iniziative di mobilitazione, sciopero e manifestazioni per sensibilizzare le parti datoriali al rinnovo, che consentirebbe agli oltre 100mila addetti del settore un giusto salario e un quadro normativo di riferimento.

La questione è che con questa class action si cerca di mettere la parola fine su un contratto, siglato proprio da Filcams e Fisascat dieci anni fa, che consente ancora oggi ai datori di lavoro di pagare le guardie giurate 4,60 euro l’ora (lorde). In quell’accordo, infatti, la paga per i lavoratori di livello F è pari a 797 euro al mese per 48 ore settimanali, ovvero 3,64 euro netti all’ora. In realtà già nel 2019 e poi ancora nel 2020 il Tribunale di Torino e quello di Milano hanno dichiarato l’illegittimità di quei livelli contrattuali. In particolare, il Tribunale di Milano ha sancito che: «In tema di servizi alla vigilanza, la retribuzione oraria lorda di soli 4,60 euro, viola apertamente il principio di sufficienza della retribuzione di cui all’articolo 36 della Costituzione, non potendo permettere al lavoratore di condurre un’esistenza dignitosa e di far fronte alle ordinarie necessità della vita». Dunque, il contratto collettivo dei Servizi Fiduciari e delle guardie giurate, nonostante sia stato siglato dalle sigle sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, viola i più elementari principi costituzionali. E ora le stesse sigle sindacali di Cgil e Cisl vorrebbero porvi rimedio attraverso una class action.

Il cortocircuito sta qui: con l’introduzione di un salario minimo erga omnes, semplicemente, non sarebbe possibile pagare chicchessia – un dipendente, un collaboratore, un freelance – meno di nove euro l’ora.

Del resto nella classe degli stipendi sotto la soglia di povertà, non ci stanno solo le guardie giurate, ma anche tutti coloro che operano nel settore Multiservizi, cioè gli addetti alle pulizie, ausiliari del trasporto, trasporti ecologici, manutenzione, disinfestazione, assistenza alla persona e molto altro ancora, che guadagnano – in base al loro contratto nazionale – 4,79 euro l’ora. Nel girone dei lavoratori poveri si trova anche chi ha un contratto di Portierato: 4,98 euro l’ora. E non va meglio per chi lavora seguendo le regole del contratto del Terziario, che prevede una paga base di 5,67 euro all’ora.

Basterebbe una legge sul salario minimo per evitare salari da fame, tanto più che la stessa Cgil sta cercando di convincere la controparte a sedersi al tavolo della trattativa attraverso una class action che, per altro, andrebbe estesa alla miriade di contratti scaduti e non rinnovati (che sono oltre il trenta per cento).

Chiaramente, come ci fa notare un imprenditore del settore della sicurezza privata, portare gli stipendi a livelli dignitosi, cioè non meno di nove euro l’ora, vorrebbe dire stravolgere completamente i settori in cui operano. Infatti, di norma, sono le grandi aziende committenti a dettare le regole degli appalti, offrendo non più di 10 euro l’ora per l’intero servizio. Quindi, a cascata, i salari sono per forza maggiore striminziti. E qui sta il punto: in questi anni il ricorso sempre più massiccio all’esternalizzazione per ridurre i costi, anziché sull’aumento della produttività, ha inciso negativamente sui livelli salariali.

FONTE L’ESPRESSO

I dubbi di Maurizio Landini sul salario minimo lasciano indietro i lavoratori poveriultima modifica: 2023-03-21T11:45:40+01:00da sagittario290