L’affaire della security e gli attentati: le intercettazioni dell’inchiesta “Labirinto”

Cronaca

2 luglio 2018 20:00

L’affaire della security e gli attentati: le intercettazioni dell’inchiesta “Labirinto”

Il gip nell’ordinanza sottolinea le nuove modalità di assunzione dei “buttafuori”. Non solo, anche la programmazione di attentati. Persino un commercialista gallipolino sarebbe finito nelle mire del clan.

Di Angelo Centonze

“Un palese occultamento delle tracce formali dell’intermediazione che si fonda solo su un rapporto “fiduciario” con chi di fatto “propone” l’assunzione diretta degli addetti alla security attraverso il ricorso a voucher o contratti temporanei”.

Il gip Martalò, nell’ordinanza relativa all’operazione “Labirinto”, sottolinea (rispetto a precedenti indagini) la rimodulazione delle modalità di assunzione dei c.d. “buttafuori”. Non più dunque una gestione monopolistica del clan Padovano-Tornese, ma l’interesse del clan diretto da Vincenzo Rizzo, per il controllo di quel particolare settore economico, assieme a Davide Quintana, nel corso della stagione estiva 2016. Tale ipotesi investigativa emergerebbe dalla documentazione acquisita presso la Prefettura di Lecce e dalla banca dati INPS.

In una conversazione tra Rodolfo Franco (luogotenente del clan Rizzo di San Cesario) ed un noto personaggio operante nella sicurezza dei locali pubblici di Gallipoli, emergerebbero elementi per identificare i partecipanti ad un incontro (tra di essi c’era Davide Quintana). Franco afferma “questi vogliono parlare per quanto riguarda…..” E l’interlocutore continua la frase “….ho capito …per i buttafuori… ma ora chi sta venendo Davide?… e Franco riferiva “Davide ed un altro amico….e non lo so “.

Le intimidazioni e gli attentati

Nell’ordinanza vi è poi il capitolo dedicata alla lunga serie di intimidazioni e alla programmazione di attentati.

Anche un commercialista gallipolino sarebbe finito nelle mire di Davide Quintana (con cui aveva collaborato in precedenza), come emergerebbe da un’altra intercettazione. Una terza persona avrebbe dovuto sparare il libero professionista con una pistola. In seguito, però, ritenendo compromessa la riservatezza dell’azione criminosa, Quintana decideva di revocare l’incarico al complice. “Non ti preoccupare , lascia stare, tranquillo”.

Quest’episodio, e molti altri, dimostrerebbero la disponibilità di armi da parte del clan.

Tommaso Danese, altro elemento di spicco della malavita organizzata, avrebbe ricevuto 15 proiettili calibro 9 da una guardia giurata, nel parcheggio di un’area di servizio.

Durante l’incontro, il primo avrebbe mostrato anche una pistola, per il cui munizionamento otteneva i proiettili. Successivamente, lo stesso Danese offriva altri elementi riferiti al ruolo dei vigilantes nel favorire l’attività del clan “questi son tutti vigilantes come…..che nessuno gli fa niente capito…per quello, con questi puoi parlare come vuoi se li conosci”.

http://www.leccenews24.it/cronaca/security-attentati-intercettazioni-inchiesta-labirinto.htm

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