Il vigilante infedele sparava. La moglie lo aizzava a sua insaputa

Cronaca

15/07/2014 06:06

COLPO AL TODIS DI ROMA

Il vigilante infedele sparava. La moglie lo aizzava a sua insaputa

Assalto al portavalori con il morto

«Non ho mai fatto fare rapine a nessuno, né ho mai inventato personaggi, tranne quelli delle favole dei miei bambini». Si difende così Clizia Forte, 38 anni, imputata di omicidio premeditato davanti alla III Corte d’Assise di Roma per aver indotto il marito Manlio Soldani a compiere una rapina alla cassa continua di un supermercato della Capitale, in cui è rimasta ferita e poi è morta una guardia giurata. «Per rafforzare l’intento criminoso del marito», secondo l’accusa la donna gli mandava sms celandosi dietro nomi e personaggi (tra cui un finto agente dei Nocs) fatti interpretare a persone assoldate come attori.

La rapina

Alle 6,55 del 15 ottobre 2012 un uomo si apposta all’ingresso del supermercato Todis di via dei Carafa 16, in zona Pisana, a Roma. In quel momento due vigilantes della società Coop Service stanno prelevando l’incasso, pari a 35 mila euro. Nel furgone portavalori, guidato da una terza guardia giurata, altri 600mila euro. Indossando l’uniforme di Coop Service, con il viso coperto da un passamontagna e armato di una pistola calibro 40, l’uomo spara quattro colpi. Due feriscono di striscio Gianluca Palomba, uno trapassa Salvatore Proietti, che il 5 dicembre muore in ospedale. L’esecutore materiale dell’agguato viene individuato in Manlio Soldani, 40 anni, residente ad Ardea, già esentato dal servizio scorte di Coop Service in seguito a una denuncia per appropriazione indebita. Il 24 ottobre 2012 gli viene trovata la pistola. Dalla comparazione genetica tra il passamontagna (dimenticato sul posto) e una tazzina da caffè (prelevata dai carabinieri in un bar di Ostia), emerge piena compatibilità del dna.

I processi

Lo scorso 9 dicembre Soldani è stato condannato all’ergastolo. Nessuna attenuante è stata concessa dal giudice per quella che viene definita «un’azione fratricida in danno di due colleghi». «Il caso Soldani – si legge nella sentenza – appare in prima approssimazione un “caso classico”: una guardia giurata, profittando del bagaglio di conoscenze professionali, nonché della dotazione dell’arma di servizio, pianifica una rapina in occasione del programmato prelievo da cassa continua operato da colleghi della sua stessa società datrice di lavoro. Ma una più ponderata considerazione del complesso degli elementi storici e logici induce a formulare conclusioni più articolate in relazione all’identificazione del complice determinatore». E qui si innesta il secondo processo, che vede imputata la moglie di Soldani, Clizia Forte, per omicidio premeditato nelle vesti di «concorrente morale». «Mediante il continuo e costante contatto tramite sms al telefono del marito – si legge nel capo di imputazione – ne rafforzava il proposito criminoso della rapina, in cui era prevista l’aggressione a colpi di arma da fuoco nei confronti delle guardie giurate incaricate delle operazioni di raccolta degli incassi». Per fare ciò la donna si sarebbe celata dietro i nomi di «Davide Rissi» e «Andrea Rissi». Identità che Forte avrebbe fatto assumere a Enrico Simoni e Andrea Simoni (fratelli sia nella finzione che nella realtà) presentandoli al marito il primo quale appartenente al Nocs della Polizia e il secondo come suo datore di lavoro.

Giallo delle sim

Elaborando i dati di traffico telefonico nei pressi del luogo dell’agguato emerge «un anomalo rapporto tra due utenze sequenziali» la 380…561 e la 380…562, che tra le 5.38 e le 7.04 del 15 ottobre 2012 si scambiano ben 93 sms. Entrambe le schede risultano intestate a Filippo Zerilli, un ventenne a cui Forte impartiva ripetizioni. Ascoltato come teste nel processo, il ragazzo ha spiegato che era stata la sua insegnante a chiedergli di comprare quelle sim nel gennaio del 2010 (allora Zerilli era ancora minorenne). Dai rilievi investigativi, l’utenza -561 risulterà essere in uso a Soldani. Chi usava invece la -562 è il complice dell’omicidio. Per la Procura di Roma «dietro le mentite spoglie di tale Davide si celava la figura e l’identità di Forte». Nell’arco della rapina la -562 risulta sempre localizzata nella cella di copertura in cui è ubicata l’abitazione dei Soldani. Nella stessa area e per la stessa durata temporale viene rilevata anche la presenza dell’utenza 328…800, in uso esclusivo a Forte. Entrambe le schede (-562 e -800) la sera del 15 ottobre hanno agganciato le celle che collegano Ardea al supermercato dove c’era stata la rapina. L’ipotesi dell’accusa è che la donna fosse tornata sul luogo del delitto per recuperare il passamontagna perso dal marito. Interrogata in udienza dal pm, Forte risponde così: «Non ho mai visto un passamontagna in vita mia. Non so dare una spiegazione tecnica del perché le due utenze agganciassero le stesse celle in contemporanea. La -800 era la mia scheda, ma della -561 e della -562 non sapevo nemmeno l’esistenza. Anche perché mio marito usava una marea di numeri e di cellulari».

Copioni e attori

A parlare di copioni e personaggi da interpretare sono i due fratelli Enrico e Andrea Simoni. Il primo aveva messo un’inserzione in cui si offriva per tradurre testi dall’inglese. «Ma poi – ha spiegato davanti alla Corte – Clizia mi ha chiesto di interpretare il personaggio di Davide, un agente dei Nocs. Voleva controllare il marito, finito in una chat di prostituzione. Mi ha chiesto di convincerlo a cambiare l’auto e a fare l’inseminazione artificiale. Però non si è mai parlato di rapine». Il fratello, Andrea, aveva il ruolo di convincere Soldani ad aprire un franchising. È stato lui a consegnare alla Procura le indicazioni sul suo personaggio (età, professione, situazione famigliare), scritte a mano da Forte. «Non ho tempo di fare canovacci – ha spiegato la donna con un piglio risentito – Quegli appunti servivano per realizzare un libro fumettato da regalare a Manlio per il suo quarantesimo compleanno e celebrare l’amicizia con i fratelli Rissi. Me l’aveva commissionato Enrico (alias Davide, ndr)». «Ma allora perché si parlava di amanti?», le chiede in aula l’avvocato di parte civile Roberto Sutich. «Avrei rappresentato quella situazione con una vignetta simpatica. Non ho inventato nessun personaggio. Avrei dovuto avere intorno a me uno stuolo di gente, minori inclusi, pronti a fingere una pantomima». Per provare la sua buona fede, Forte ha mostrato alla Corte il quaderno dei compiti di una bambina a cui faceva ripetizioni e che lei conosceva come la figlia di Andrea Rissi. Lui ha spiegato che era stata la donna a inventare il personaggio di Alice. Chi mente? La verità è nascosta dietro attori, finzioni, bugie e accuse reciproche.

Valeria Di Corrado

http://www.iltempo.it/cronache/2014/07/15/il-vigilante-infedele-sparava-la-moglie-lo-aizzava-a-sua-insaputa-1.1271446

Il vigilante infedele sparava. La moglie lo aizzava a sua insaputaultima modifica: 2014-07-16T11:15:19+02:00da sagittario290