Il vigilante di Città della Scienza “Non fui io ad appiccare il fuoco”

Cronaca

03 luglio 2014

Il vigilante di Città della Scienza “Non fui io ad appiccare il fuoco”

Intervista alla guardia giurata sotto inchiesta per il rogo doloso: “Quella sera non notai nulla di strano”

di CONCHITA SANNINO

“Non mettete la mia fotografia, per favore. Non sono io “il mostro”. Non l’ho bruciata io, Città della Scienza”. Paolo Cammarota è l’unico indagato nell’inchiesta sul grande rogo. Si sfoga con “Repubblica”. Si dice “sbalordito. Mia madre ha 83 anni, piange: “Perché dicono che sei tu?””.

Signor Paolo Cammarota, hanno indagato solo lei dopo sedici mesi di ricostruzioni e controlli capillari su orari, presenze, condotte. Forse c’è qualcosa che non quadra, o qualche ricordo troppo sbiadito, nella sua versione?

“Ma difatti io non me lo spiego. Noi di questo pane non ne mangiamo. Io quella sera lavoravo e non ho visto e non ho sentito nulla di strano: è questo il reato che avrei commesso? Io facevo il custode, tra l’altro senza essere pagato da mesi: e anche questo va detto. Che di quel museo, prima che lo incendiassero, non importava niente a nessuno. E ora cosa vogliono da me?”

Un negozio a Volla. Detersivi, casalinghi. E in mezzo alla merce, ecco Paolo Cammarota, tono dimesso, sguardo preoccupato, ex vigilante di Fondazione Idis, l’uomo accusato di aver appiccato il fuoco, o di aver partecipato con altri allo spaventoso e criminale rogo che inghiottì Città della Scienza, la sera del 4 marzo 2013.

Un anno e quattro mesi di indagini rigorose e difficili, seguite anche direttamente dal procuratore capo Giovanni Colangelo, schiudono due filoni “interessanti”. Uno è quello sui conti in disordine, che ipotizza irregolarità o spese incongrue e porta anche all’esame di lavori eseguiti sulla struttura, e sui conti correnti di Fondazione Idis e di Campania Innovazione. L’altro filone punta alle responsabilità sul grande incendio: e porta, per ora, a questo 48enne che è cresciuto a pochi metri da quella spiaggia. Per tre volte è stato sentito come testimone dai pm Michele Del Prete e Ida Teresi, e dai poliziotti della Mobile, coordinati dal vicequestore Gianluca Boiano. Poi, a peggiorare la sua posizione, alcune “discrepanze” tra quanto risulta agli atti e quanto dichiarato dall’indagato. Ad esempio: Cammarota avrebbe anticipato l’ultimo giro di perlustrazione, avvenuto (contrariamente alla prassi) intorno alle 21.20, proprio all’inizio del rogo, ma poi avrebbe registrato tale controllo con l’ora sbagliata: 22.20. Un falso? Non solo: lo stesso Cammarota avrebbe dichiarato più volte che egli non aveva accesso al codice dell’impianto antiincendio, contraddetto da suoi colleghi. Circostanze che, secondo il suo avvocato Luca Colasanto, “il mio assistito ha già spiegato nel corso di vari interrogatori. E ora gli capita di apprendere dai giornali di essere stato indagato. Francamente è scosso, terrorizzato. Ed io andrò in Procura presto a cercare di capire cosa c’è di concreto”.

Cammarota, se lo aspettava dopo i vari interrogatori?

“No. Io ho sempre risposto a ogni domanda. Non mi sono mai sottratto. Ho la coscienza a posto. E non capisco come si possano fare uscire queste notizie, senza che io ne sappia nulla. Scusate: ma come fanno a indagarmi, che cosa hanno scoperto su di me? Noi siamo brava gente. Lo sa che mia madre, che ha 83 anni, si è messa a piangere al telefono? “Ma perché dicono che sei stato tu? Quelli non ti conoscono””.

Sembra che la sera di quel 4 marzo lei abbia anticipato di un’ora il controllo. Lo fece alle 21.20: l’ora del rogo.

“Non ricordo l’ora precisa adesso, ne ho parlato coi pm, comunque feci lo stesso giro di ruotine che sempre facevamo. E non c’era nulla, proprio nulla di strano”.

Difatti non deste voi vigilantes l’allarme: come mai?

“Perché le fiamme si vedevano bene da Coroglio ma non dal luogo dove stavamo noi. Difatti ci raggiunsero alcuni abitanti e quando noi arrivammo sul luogo già c’erano i pompieri”.

Un’altra sua presunta bugia sarebbe legata al fatto che non conosceva il codice per accedere all’impianto antiincendio. Come la spiega, anche logicamente?

“Ma difatti io non lo conoscevo, non l’ho mai saputo”.

Il suo collega, messo a confronto con lei, dice di sì.
“Ma io non l’ho mai avuto, che ne so degli altri”.

Scusi, perché si è licenziato, perché sentiva un brutto clima intorno a sé?
“No, perché non ci pagavano da mesi. E non volevo fare più debiti di viaggio dall’hinterland per venire a fare un lavoro, per cui non ero pagato. Ecco, diciamo anche questo adesso: quando eravamo in difficoltà e la Città della Scienza moriva per assenza di fondi, nessuno muoveva un dito. Né la Regione, né i ministeri, né il governo. Quando eravamo noi dipendenti a chiedere aiuto alle istituzioni, zero assoluto. Dopo quel maledetto fuoco, tutti a scandalizzarsi e a fare la solidarietà”.

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2014/07/03/news/il_vigilante_di_citt_
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Il vigilante di Città della Scienza “Non fui io ad appiccare il fuoco”ultima modifica: 2014-07-04T11:00:06+02:00da sagittario290