Guerra nella vigilanza privata

iltirreno

Cronaca

14 febbraio 2018

Clienti sottratti con l’inganno

Guerra nella vigilanza privata

Tre rinviati a giudizio con l’accusa di concorrenza sleale

PISA. È un’accusa di concorrenza sleale quella che ha portato in un’aula di Tribunale due istituti di vigilanza. Per i tre imputati, legale rappresentante della provincia di Pistoia e due collaboratori, l’accusa è di turbata libertà dell’industria o del commercio. Un articolo del codice penale che nei fatti si traduce nella contestazione di aver sottratto clienti al concorrente con mezzi ritenuti poco leciti.

Dopo alcune udienze rinviate per le astensioni degli avvocati, ieri di fatto si è aperto il dibattimento davanti al giudice Raffaella Poggi e al pm onorario Silvia Saviozzi. Nel processo, come parte civile, si è costituita la società che si considera danneggiata e che nei confronti di uno degli imputati ha, però, ritirato la querela.

La storia risale a qualche anno fa. In provincia l’istituto ora sotto accusa inizia una campagna a caccia di clienti. Tutto regolare, sulla carta. È il mercato che lo impone. I rappresentanti della società si presentano da privati e aziende per proporre i loro servizi. Un’offerta promozionale per accaparrarsi nuove entrate o strappare alla concorrenza quote di mercato. Succede, però, secondo le querele presentate, che l’opera di convincimento non sarebbe stata improntata solo a lodare le qualità dell’azienda che si faceva sotto per conquistarsi la clientela. Nel colloquio una buona parte dell’impegno sarebbe stato dedicato a mettere in cattiva luce l’istituto di vigilanza a cui “rubare” clienti.

Gli argomenti erano quasi sempre finanziari.

«Guardi, quelli che ora vi fanno il servizio di vigilanza non stanno andando bene. Hanno problemi economici seri, rischiano di chiudere» era il senso della persuasione che in decine di casi era andata a buon fine. La voce si era sparsa in giro, anche perché le aziende che lasciavano la vecchia società per approdare in quella che le aveva convinte a cambiare fornitore, riferivano all’istituto abbandonato le ragioni dell’addio. Quando capirono che non si trattava di casi isolati partirono le querele. Ora tradotte in un processo con il reato di turbata libertà dell’industria o del commercio. (p.b.)

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