Maxi blitz nella notte: decapitata cosca messinese, trovati due arsenali di armi

Palermo.Repubblica

Cronaca

24 gennaio 2018

Maxi blitz nella notte: decapitata cosca messinese, trovati due arsenali di armi

Quaranta le persone arrestate da carabinieri e polizia in seguito all’inchiesta della Dda sulla cosca di Barcellonna Pozzo di Gotto. A disposizione delle cosche: fucili a pompa, un fucile mitragliatore e centinaia di munizioni

di ALESSANDRA ZINITI

I “guardiani” della mafia in tutti i vivai di piante e fiori, attraverso una società di vigilanza privata controllata da Cosa nostra. E’ l’ultima frontiera dell’imposizione del pizzo da parte della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto, sul litorale tirrenico tra Palermo e Messina, le cosche che gli inquirenti definiscono “la fazione più ortodossa e militarmente organizzata di Cosa nostra”, colpita all’alba di oggi dall’operazione “Gotha VII” che, con 40 ordinanze di custodia cautelare eseguite dai carabinieri del comando provinciale di Messina e dai Ros e dalla Polizia di Stato, ne ha decapitato il vertice.

Particolarmente allarmante il ritrovamento di due veri e propri arsenali a disposizione delle cosche, con due fucili a pompa, un fucile mitragliatore, quattro pistole semiautomatiche e un revolver di grosso calibro con centinaia di munizioni, segno – sottolineano gli inquirenti della Dda di Messina guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, della imponente capacità di fuoco della famiglia mafiosa barcellonese, tenuta in grande considerazione dagli esponenti di Cosa nostra di Palermo e di Catania, in grado di controllare attività economiche e appalti pubblici in tutto il comprensorio tirrenico.

Almeno una trentina gli episodi di estorsione ricostruiti dal pool di magistrati composto dai pm Angelo Cavallo, Vito Di Giorgio e Fabrizio Monaco. Gli esattori del racket continuavano a “colpire”, anche se sottoposti alla sorveglianza speciale, sempre con lo stesso modus operandi: il primo avvertimento era una bottiglia di liquido infiammabile davanti alla saracinesca del negozio o dell’impresa da intimidire, seguiva l’avvicinamento dei titolari delle attività da parte degli uomini d’onore che chiedevano il pagamento del pizzo per Natale, Pasqua e Ferragosto. Chi non si piegava finiva vittima di rapine a mano armata o picchiato selvaggiamente per strada, come accaduto a un imprenditore edile che aveva osato chiedere il legittimo pagamento per una fornitura di calcestruzzo a una ditta vicina alla cosca, o a un professionista di Barcellona che aveva osato denunciare un tentativo di estorsione.

Tra le persone finite in manette spiccano i nomi del boss Antonino Merlino, già condannato per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, e Francesco Salamone, eletto consigliere comunale di maggioranza con una lista civica al Comune di Terme di Vigliatore a giugno 2013 e successivamente sospeso dalla carica a luglio 2016 perché colpito da misura cautelare nell’ambito dell’operazione Triade.

Le indagini hanno trovato ampio riscontro alle dichiarazioni dell’ex capomafia di Barcellona Carmelo D’Amico e di alcuni altri collaboratori di giustizia come Salvatore Campisi, Franco Munafò e Alessio Alesci.

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